Serata d'intrattenimento molto piacevole con Luciano Ravasio, apprezzato cantautore e interprete della canzone bergamasca. Laureato in lettere, ex insegnante, si occupa da diversi anni di poesia dialettale e tradizioni popolari. Tra testi, citazioni, battute e intermezzi musicali, Luciano Ravasio insieme al figlio Alessandro, suonatore di saxofono e cantante del coro lirico del Teatro Donizetti, ci ha condotto attraverso un divertente viaggio immaginario in cui, accanto al repertorio popolare, ha illustrato la canzone colta, basata su poeti bergamaschi come Pietro Ruggeri da Stabello, illustre artista locale il cui busto si erge accanto ai portici di piazza Pontida.

Ravasio ha raccontato che già nei primi decenni dell'Ottocento Gaetano Donizetti, dopo ad aver composto seguendo la moda dell'epoca diverse canzoni in napoletano, aveva infine musicato in dialetto bergamasco “La cà in montagna”. Nel 1843 il suo maestro Simon Mayr, bavarese d'origine, ma bergamasco d'adozione, aveva poi indotto un altro e più giovane allievo di nome Girolamo Fiorini a cimentarsi in una composizione bergamasca con tanto d'orchestra, un'operetta buffa dialettale su testi scritti da Ruggeri da Stabello, dalla quale Ravasio e il figlio hanno eseguito il duetto “Oh de la mula”.

La canzone bergamasca d'autore continuava a svilupparsi e diffondersi nella seconda metà dell'Ottocento, come ad esempio nel 1880 in occasione del “Festival delle Canzoni Lombarde”, organizzato a Milano dall'editore musicale Ricordi. Di quell'epoca Ravasio ci ha cantato “Gigiò te spuserò”, del 1892, con testo di Ferdinando Tarenghi e musica di Alessandro Ferrari Paris. Spartiti di canzoni bergamasche di quell'epoca sono conservati presso la biblioteca del Conservatorio.

Nei primi anni del Novecento venivano composte prevalentemente canzoni interventiste e di critica politica, per esempio su Giolitti. E' in quel periodo che Giovanni Giuseppe Signorelli, detto il Merica, si distingueva tra i canzonieri popolari raccontando quello che succedeva in città e criticando le trasformazioni del centro urbano, come la demolizione della vecchia fiera. Nella canzone ”Il Sonetto” ad esempio descriveva l'abbattimento del giardino di Santa Marta che stava davanti a palazzo Frizzoni ed aveva al centro il busto del Mascheroni. Anche Ravasio ha composto nel 2005 “La Giustissia”, ispirandosi alla città, in particolare al Palazzo del Tribunale.

Gli anni Trenta rappresentavano un periodo ricco di canzoni come ad esempio  “Carolina” e “Teresina g'ho l'ombrèla” di Gino Zanoni. Nel 1931 veniva pubblicata un'icona della tradizione cenacolare, la celebre “Cansù de la Polènta”, scritta da Giacinto Gambirasio, poeta del momento, e musicata da Emilio Pizzi.

Gli anni Cinquanta e Sessanta si rivelavano poco significativi musicalmente, ma negli anni Settanta  la canzone bergamasca tornava alla ribalta con “He l'è hoeu l'è hoeu”. Scritto dal Barcella in “dialetto di valle” e musicato dal bresciano Valter Bassani, questo stornello divertente racconta di un muratore che ogni giorno deve andare a Milano a lavorare (“Sono le cinque di mattina e non ho voglia di alzarmi...”). Probabilmente della stessa epoca è la barzelletta del “Berlenghis”,citata da Ravasio. I soci che non erano alla serata se la possono far raccontare dai presenti.

E' dal 1976 che Luciano Ravasio si propone di continuare la canzone bergamasca nella tradizione cenacolare di nicchia. Canzoni come “La badante” si ispirano all'avanspettacolo, altre a personaggi storici come “La canzone su Papa Gioanì”, altre ancora alla cultura popolare come l'album “Pòta”.

La serata è volta al temine con la classica “L'è de 'Lbi” (E' di Albino) composta da Ravasio, versione bergamasca di “Let it be” dei Beatles. La conviviale si è quindi conclusa con l'esecuzione al saxofono soprano da parte di Alessandro Ravasio del duetto “croce e delizia”, tratto dalla Traviata di Giuseppe Verdi, in occasione del suo Centenario.